Cosa significa employability? Il grado di occupabilità ci aiuta essere attraenti per il mercato del lavoro e a sviluppare le giuste skill e competenze
L’obiettivo di chiunque affronti un qualsiasi tipo di percorso di studi (scolastico, universitario, accademico, professionalizzante) non è certamente, e non soltanto, quello di gloriarsi delle proprie conoscenze, ma più verosimilmente quello di entrare nel mercato del lavoro e dare il via alla propria carriera professionale. Ma per quanto il possesso delle giuste conoscenze tecniche di settore, le cosiddette hard skill, siano fondamentali e necessarie, è altrettanto indispensabile essere in possesso di alcune abilità trasversali che definisco la cosiddetta employability di ogni aspirante professionista. L’employability, o occupabilità, è definita da una serie di caratteristiche e qualità che rendono i candidati più appetibili agli occhi dei datori di lavoro. Il grado di employability che ognuno possiede determina il successo della propria carriera lavorativa: va da sé quindi che migliorare la propria occupabilità attraverso l’acquisizione o il miglioramento di alcune capacità è estremamente importante.
L’employability ed le esigenze del mercato
Ma qui non vogliamo dare nulla per scontato, perché un conto è sapere cosa sia l’employability e a cosa serva, un altro è essere consapevoli di se stessi, delle proprie capacità e della propria employability e saperla sviluppare. Sì, perché l’argomento non è affatto banale e anzi spesso si danno per sottintese o, peggio, irrilevanti, alcune doti fondamentali che andrebbero invece sottolineate, alimentate e sfruttate.
Il mercato del lavoro è mutevole per sua natura e mai come nell’ultimo anno abbiamo visto quanto velocemente possano cambiare le priorità e le modalità con cui si lavora e si cerca lavoro (sia dal punto di vista del datore di lavoro che del candidato). In questo contesto hanno giocato un ruolo fondamentale la capacità di adattamento e di organizzazione così come la gestione della produttività. Sapersi rendere “occupabile” rispetto alla mutevolezza delle esigenze del mercato del lavoro è fondamentale.
È chiaro allora che per valorizzare la propria professionalità bisogna saper comunicare ed esaltare i giusti talenti, quelli più in linea con quanto richiesto dalla specifica posizione lavorativa. Ma prima ancora di questo ciò che davvero serve è avere la consapevolezza tanto di quali siano i propri talenti quanto di come questi vadano comunicati.
Spazio al professional branding
I modi per comunicare e valorizzare la propria professionalità sono tanti e sono si evoluti nel tempo: dal curriculum cartaceo si è passati all’apertura del profilo LinkedIn, dalle lettere di presentazione si è passati alle video presentazioni, dai pre-colloqui telefonici si è passati a questionari e test attitudinali in formato digitale, e così via.
Tutte queste modalità per lungo tempo sono state i cavalli di battaglia con cui i candidati migliori sono riusciti a distinguersi e aggiudicarsi la vittoria; tuttavia cominciano a risultare strumenti ormai dati per acquisiti e quindi scontati, per cui diventa necessario trovare nuove strade e nuove vie attraverso cui “promuoversi”.
Come dicevamo, il fattore cruciale è avere consapevolezza di sé, di chi siamo, quali siano i nostri talenti e punti di forza per riuscire a raccontare la propria professionalità e le proprie abilità in maniera davvero efficace.
Possiamo quindi parlare di professional branding, ovvero tutte quelle azioni comunicative volte a mettere in risalto il proprio valore come professionista attraverso il racconto delle proprie abilità, talenti, competenze e conoscenze.
In questo tipo di pratica ciò che premia di più è la creatività insieme all’autenticità. Anzi, a dirla tutta ciò che risulta davvero vincente è il racconto creativo di una storia autentica: un recruiter rimarrà molto più colpito dal leggere o ascoltare una storia sincera e originale raccontata in maniera creativa, piuttosto che da un elenco di esperienze e certificazioni.
Ma lo storytelling creativo e autentico è solo il punto di arrivo di un processo che inizia dall’analisi di sé, delle proprie caratteristiche intrinseche, delle proprie qualità e della propria storia. Solo dopo un percorso di indagine introspettiva – in cui ci si pone le domande giuste in base a ciò a cui si sta puntando per individuare talenti nascosti o assopiti – si può arrivare a produrre un contenuto di valore che rispecchi e valorizzi la propria persona e la propria professionalità, rendendoci “attraenti” agli occhi dei datori di lavoro: in una parola, employable.
Pertanto possiamo concludere affermando che a determinare la propria employability è la capacità di far venire fuori la propria identità professionale e metterne in evidenza l’unicità e l’indispensabilità. In questo modo il prodotto finale sarà un documento cartaceo, multimediale, digitale, in cui viene raccolta e raccontata efficacemente l’essenza di chi si è e ciò che si fa: se già a colpo d’occhio e in pochi minuti riuscirai a fare breccia in chi ti legge o guarda, avrai raggiunto il tuo obiettivo di employability!
About The Author: Giulia Palmeri
Ciao, sono Giulia, un’instancabile sportiva sempre davanti ai fornelli. Uh?
Sì, la mia giornata è fatta di tanto sport e cucina (preferibilmente con ingredienti bio e a km 0, ma questa è un’altra storia).
Ma poi, tra una nuotata, una lasagna al pesto di pistacchio e una sessione di Yoga, mi diletto anche a fare la markettara. Già, perché a me no che non mi riscopra Federica Pellegrini o Cristina Bowerman, con lo sport e la cucina amatoriale non ci si pagano le bollette.
Nel mio tempo libero infatti ho anche studiato e nel giro di qualche anno sono diventata una Digital Marketing Specialist. In sostanza pianifico strategie, scrivo contenuti e gestisco budget per attività di marketing online, con la stessa attenzione maniacale ai dettagli che ha un sarto quando cuce un vestito.
Non amo prendermi troppo sul serio, però in quello che faccio cerco di dare il meglio di me, tenendomi aggiornata per imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Sono socievole, solare e amo il lavoro di squadra, ma se becco qualcuno a sbagliare una regola di grammatica non possiamo essere amici.
Come definirmi allora? Be’, con una reinterpretazione personale delle famose 4 P (il buon Porter mi scuserà): preparata, puntigliosa, pragmatica e palermitana.
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